Troppi "cervelli in fuga", danno alla cultura scientifica italiana

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carloroma
view post Posted on 28/9/2008, 04:44




Troppi "cervelli in fuga" a danno
della cultura scientifica italiana



I ricercatori italiani all'estero sono ormai la "regola" e di essi la maggior parte non manifesta alcuna intenzione di rientrare. O meglio, non rientrerà fino al momento in cui non sarà garantito anche nel nostro Paese un migliore riconoscimento professionale. E non parliamo solo di soddisfazioni finanziarie con retribuzioni di gran lunga superiori che, al momento, sono assicurate dai Paesi esteri. Da troppo tempo l'Italia ha assunto sempre più i connotati di "patria ostile" verso la ricerca. I "cervelli in fuga" censurano la scarsa meritocrazia e trasparenza e criticano le istituzioni accademiche. E' un dato di fatto che la maggior parte dei giovani che giungono all'estero da neo-laureati, poi ci rimangano per anni, riuscendo a percorrere una brillante carriera, in quanto favoriti dal minor tempo sprecato in burocrazia e dal maggior tempo a disposizione per insegnare e per fare ricerca. Ma soprattutto dai fondi, in gran parte pubblici, che giungono generosamente in base al merito, e dal rapporto con le altre istituzioni, sempre rivolto alla collaborazione e al progresso. In queste condizioni, gli incentivi a rientrare sono pochi.
E’ questo il destino comune a molti laureati italiani che, dopo essersi formati, vengono abbandonati dal sistema accademico proprio quando potrebbero essere più produttivi. Non tralasciando il provincialismo delle nostre università, che assumono poche persone formate all'estero, la ragione principale di tale situazione è riassumibile in una cifra: 1%. Questa è la percentuale del prodotto interno lordo che l'Italia investe ogni anno nella ricerca scientifica. Molto semplicemente, non si investono risorse sufficienti ad assorbire il numero di laureati che le università producono. Ed é proprio questo che ha spinto, alla fine, tanti studiosi italiani, a fare domande per corsi di dottorato all'estero.
Un fenomeno, quello dei "cervelli in fuga" che mette a nudo le difficoltà dell'Italia di creare una forte base nell'economia della conoscenza, nella quale il fattore umano è determinante per innescare o potenziare un rinnovamento culturale, nel mondo della ricerca quanto in quello delle imprese. Per questo è così importante investire nella formazione dei giovani, incentivare, per quanto possibile, la stabilizzazione dei precari, rendere accattivante l'idea che la ricerca possa essere una carriera da seguire. Un percorso difficile, in cui il "posto fisso" è una condizione praticamente inesistente, soprattutto all'inizio quando bisogna essere perseveranti e immaginativi. Spesso è necessario cercare il lavoro e andargli incontro, essere pronti anche ad andare in altri continenti per frequentare università all'avanguardia in un campo che, per sua natura, è sempre mutevole. E, soprattutto, essere consapevoli che l'idea del rientro dei "cervelli in fuga" non sembra funzionare molto. C'è davvero intenzione nel nostro Paese di fare tesoro dell'esperienza degli italiani all'estero? Quelli rientrati spesso sono punto e daccapo, e devono rimettersi in coda per trovare una posizione all'università.

di Carlo Iacubino
 
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