Inquinamento - in cosa consiste e come provare a combatterlo., a cura di Francesca Palummo

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Alpherin Jecate Moscovich
view post Posted on 3/10/2008, 11:31




Il duplice aspetto del progresso economico, ovvero l’aumento del benessere contro l’impatto devastante dell'uomo sull'ambiente, ha fatto si che avvenisse una forte presa di coscienza sui problemi causati dall'inquinamento, soprattutto nel mondo occidentale a partire dagli anni settanta, benché negli anni precedenti si fossero manifestate inquietudini per la salute dell’intera umanità.
Precisamente, con il termine inquinamento si ci riferisce ad un'alterazione di una caratteristica ambientale causata, in particolare, da attività antropica. Quando si parla di inquinamento, spesso generalizzando, non si tiene conto della vastità del problema legato allo sviluppo industriale, che è presente a livello atmosferico, del suolo, idrico, acustico, luminoso, termico, elettromagnetico e fotochimico nonché dell’inquinamento tipicamente umano, derivante dall’insieme delle attività sociali (riscaldamento delle abitazioni, trasporti, consumi energetici, produzione rifiuti urbani). Risulta chiaro come i due tipi di inquinamento siano direttamente proporzionali. Non a caso, si è avuta una brusca accelerazione nella produzione di anidride carbonica, che come si sa è la maggiore responsabile del riscaldamento atmosferico, nel momento in cui il cosiddetto “terzo mondo” della parte estremo orientale, ha incominciato a consumare a ritmi che si avvicinano sempre di più agli standard occidentali (Cina e India). Tant’è che queste ultime sono oggi tra i maggiori paesi inquinanti del pianeta.
Gli sforzi di moratoria in tal senso sono, fino ad oggi, risultati poco efficienti. Il vero problema è che la popolazione mondiale ha raggiunto un numero oramai difficilmente gestibile dall’ecosistema e via via che ampie parti della popolazione mondiale incrementano i loro consumi ai nostri livelli tipici occidentali, l’intero sistema collassa.
E’ quindi impossibile fermare uno sviluppo industriale così evoluto, né mai sarà possibile farlo. Le forme d’inquinamento sono molte e variegate, alcune sono molto sottili e difficilmente percepibili: le più chiare ed evidenti sono quelle legate alla produzione industriale, ai consumi domestici di idrocarburi e alla produzione dei rifiuti solidi urbani. Ma pochi si rendono conto della lenta e capillare diffusione di materiali sintetici indistruttibili e irriciclabili nell’ecosistema. Rifiuti tossici industriali, scorie radioattive, rottamazioni di ogni genere per finire con l’inquinamento acustico e luminoso, da molti sottovalutato ma egualmente nocivo, sono sempre più diffusi a tal punto da essere diventati abituali: è difficile percorrere una campagna o una periferia cittadina, senza notare cumuli di carcasse metalliche, calpestare una spiaggia senza sporcarsi di catrame, trovare un luogo dal quale osservare il cielo notturno o semplicemente le voci e i rumori della natura. Gli scarichi tossici, industriali e le scorie radioattive normalmente non li vediamo e non li percepiamo, ma sappiamo che esistono nei posti più impensati (vedi il sottosuolo della Campania) e benché questo problema si sia presentato da molto tempo, la popolazione non fa altro che ridursi all’ultimo momento per prendere in sola considerazione il problema. A ciò si uniscano i ben conosciuti fenomeni del disboscamento terrestre e dell’inquinamento delle falde di acqua dolce, per rendere evidente la pericolosità di tale situazione.
L’intera comunità scientifica ci sta avvertendo di ciò, oramai da molti anni, e alcuni ritengono addirittura irreversibile quanto sta accadendo all’ecosistema. La stessa comunità scientifica sta facendo sforzi giganteschi per sostituire le fonti di produzione energetica più inquinanti. La sostituzione della produzione di energia elettrica con combustione di idrogeno, invece che di petrolio, sembra oramai l’unica soluzione a breve e medio termine e sicuramente l’unica attualmente fattibile tecnicamente. Mentre la fusione nucleare, se pur possibile teoricamente, non ha ancora trovato realizzazione pratica e la scienza ci da ancora tempi di attesa lunghi per lo sfruttamento pratico (circa 100 anni). I mutamenti climatici già parzialmente iniziati e paventati sempre più incisivi nei prossimi anni (riscaldamento globale con conseguente scioglimento delle calotte polari) metterà probabilmente in crisi l’intero problema terrestre nell’arco sicuramente di questo secolo.
E’ bene ricordare che tali cambiamenti climatici comporteranno delle trasformazioni radicali nel sistema idrogeologico terrestre, tal che alcune parti della terra (principalmente il continente africano), saranno sicuramente colpite da grandi sconvolgimenti quali siccità e carestie che sicuramente avranno conseguenze spaventose per la sopravvivenza di tali popolazioni. La comunità scientifica paventa enormi migrazioni dalle zone a rischio verso le zone meno sfruttate e tali movimenti di massa raramente si svolgono in maniera pacifica ed innocua. La storia insegna che qualsiasi carenza di elementi legati alla sopravvivenza umana provoca guerre e conflitti di ogni genere; il sistema politico sembra, per la sua propria natura, incapace di affrontare e gestire tali problemi nell’arco di periodi temporali che vanno oltre il decennio e la comunità scientifica non ha altro potere se non quello di consiglio e di indirizzo, purtroppo contrastato dagli spaventosi interessi economici che sono in netto contrasto con la riduzione dei consumi globali. Il principio del riciclaggio di ogni cosa, fino al totale esaurimento di ogni sua utilità, è ancora lontano dall’educazione della maggior parte della popolazione mondiale: anche qui basta vedere l’esempio della Campania oramai sommersa da più rifiuti che abitanti. E pure siamo una delle otto nazioni economicamente più sviluppate del mondo!
 
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